Independence day e l’uguaglianza cancellata – F. Pezzani

Il giorno 4 luglio si festeggia negli Stati Uniti l’anniversario della dichiarazione d’indipendenza che nel 1776 portò il paese ad acquisire una sua autonomia rispetto al dominio della corona inglese e a preparare la strada verso un processo di democratizzazione

Fabrizio Pezzani

di Fabrizio Pezzani *

12 Luglio 2016

Independence day e l’uguaglianza cancellata

Il primo passo verso l’indipendenza fu la presa di coscienza delle colonie di oltre mare verso una dominanza che aveva significativamente ridotto i principi di libertà e di uguaglianza; successivamente la guerra sancì l’indipendenza realizzata. Il testo elaborato dai padri fondatori che servì come traccia fondamentale per la formulazione della Costituzione degli Stati Uniti, aveva alcuni principi fondanti su cui avrebbe dovuto ergersi il nuovo modello di società. In particolare risaltava in modo determinante il richiamo al diritto naturale dei valori dell’uguaglianza (“E pluribus unum”), ispirati a una visione metafisica dell’uomo (“ In God we trust”) e a quelli della libertà, del diritto alla vita e al perseguimento della felicità che i padri fondatori derivarono da Filangeri, un giurista napoletano.

La fine di quel secolo vide dopo pochi anni la Rivoluzione Francese, che confermò con la Dichiarazione dei diritti, nel 1789, la necessità che una vera società dovesse fondarsi proprio sui valori poco prima incisi nella dichiarazione d’indipendenza degli stati Uniti. Nel 1795, poi, Kant scrisse l’opera Per la pace perpetua, dove richiamava la necessità che la pace dovesse fondarsi su quei principi che avevano trovato le prime radici negli stessi principi. Ma, come si dice, la strada verso il male è lastricata di buone intenzioni: i secoli successivi se le lasciarono rapidamente dietro e fecero ricorso sistematico alle armi per regolare le loro controversie.

Alla fine dell’Ottocento sia in Europa sia negli USA vi furono violenti scontri tra paesi diversi, ma proprio negli Usa ebbe luogo la sanguinosa guerra di secessione tra unionisti e confederati. Nel corso della guerra si svolse il terribile scontro di Gettysburg dove in tre giorni perirono più di 80.000 soldati delle due parti. Durante la consacrazione del cimitero costruito per accogliere le salme, il presidente Abramo Lincoln pronunciò un famoso discorso che è considerato una pietra miliare della democrazia americana. Egli ricordò come il sacrificio di quei giovani fosse un monito per le future generazioni a cui spettava il compito e la responsabilità di dimostrare che quei sacrifici non erano stati inutili ma su di essi si doveva costruire una società di uguali fatta dal popolo, per il popolo e con il popolo; parole scolpite con il sangue nelle memoria delle future generazioni. Il XX secolo non fu da meno quanto a sanguinosi conflitti, ma alla fine della seconda guerra mondiale le coscienze scosse portarono nel 1948 alla formulazione dei Diritti fondamentali dell’uomo con il richiamo all’uguaglianza, alla libertà e alla dignità di ogni singole persona del mondo.

Ma solo dopo 20 anni , alla fine degli anni Sessanta , abbiamo cominciato a perdere la memoria delle buone intenzioni così oggi abbiamo cancellato nei fatti quei principi fondanti “la pace perpetua nel mondo”, a partire proprio dagli USA, che si erano fatti paladini di quei valori. Proprio quest’anno la ricorrenza è avvenuta in una settimana densa di odio, di razzismo, di violenza inaudita espressione della negazione di quell’uguaglianza che dovrebbe essere alla base di ogni società umana come la desideriamo e pensiamo.

Oggi gli Usa si trovano di fronte a un default socioculturale con una società che ha un livello di diseguaglianza che li colloca come paese al terzo posto al mondo vicino alla Bolivia e alla Colombia, un debito che supera il 140% del pil costruito sugli armamenti e non sui sistemi di welfare, un indebitamento delle famiglie che non ha precedenti nella loro storia, posti di lavoro, ora necessari, che sono stati delocalizzati. Città come Detroit e Chicago sono diventate slum sterminati e nell’esercito il numero dei suicidi supera quello dei caduti in guerra, l’incarcerazione più elevata al mondo (hanno il 5% della popolazione mondiale, ma il 23% di quella incarcerata).

Un debito complessivo (pubblico e privato) che è 4 volte un PIL che non può crescere avendo de localizzato la manifattura per seguire una finanza omicida ma hanno inondato il mondo di una finanza senza basi scientifiche ma basata sulla pura speculazione.

Da tempo non investono più in infrastrutture ormai fatiscenti e nemmeno nei sistemi di welfare (il 18% del PIL contro la media europea del 29%) pero hanno il 50% delle spese mondiali in armi e una industria bellica da riconvertire compreso un esercito in cui i casi di suicidio diventano sempre più elevati, un indebitamento delle famiglie che non ha precedenti nella loro storia, i posti di lavoro, ora necessari, che sono stati de localizzati. Molte delle loro più importanti città sono in gran parte circondate da baraccopoli da terzo mondo.

Proprio gli Usa, portatori dei valori fondanti della democrazia, dell’uguaglianza e del diritto alla felicità sono, oggi, l’espressione più asimmetrica dei principi dei padri fondatori, con una società fortemente stratificata verso l’alto, che ha cancellato la classe media, che ha dimenticato il principio dell’uguaglianza mettendo fortemente a rischio la tenuta sociale del paese.

La domanda che il mondo si pone oggi guardando gli Usa è se l’Independence Day può essere un momento per mettere in discussione un modello sociale e culturale che ha portato quella società a una ristretta forma di oligarchia ben lontana dalla democrazia a lungo sbandierata e in che misura la correzione della rotta non sia un ulteriore spinta all’innalzamento di un conflitto che rischia di passare il punto di non ritorno e se il presidente Obama riuscirà a superare le tante difficoltà che si frappongono a questo disegno e a segnare una nuova storia nel cammino dell’uomo.

 

  •  Professore ordinario di Economia Aziendale, Universita’ Bocconi. Docente senior dell’Area Public Management & Policy della SDA Bocconi. Ha insegnato presso l’Università di Parma e Trento. E’ stato visiting professor alla Harvard Business School e alla Harvard School of Public Health.
    Membro della Commissione sul riordino dei sistemi di controllo presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. Membro dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale e della Società Italiana di Storia della Ragioneria. Membro del Comitato scientifico nazionale di Legautonomie. Membro del Comitato scientifico dell’European Centre for Public Affairs, Bruxelles.Membro del Consiglio Generale della Fondazione Cari-Parma. Dottore commercialista e revisore contabile. Membro del Comitato editoriale delle riviste Azienda Pubblica ed “Economia & Management”.